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Mutui, l'aiuto scatta al 4%
senza sommare lo spread

di Rossella Bocciarelli

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2 dicembre 2008

La relazione al provvedimento anti-crisi varato venerdì scorso dal Consiglio dei ministri fornisce l'interpretazione autentica di una formulazione della norma sui mutui-prima casa non proprio chiarissima. Per i mutui in corso, si spiega infatti che le rate variabili 2009 non possono superare il 4%, per effetto dell'accollo da parte dello Stato dell'eventuale eccedenza. Il 4%, dunque, è un tasso finito, un tetto onnicomprensivo invalicabile, oltre il quale interviene l'Erario, a sostenere gli eventuali extra-costi del sistema bancario e a garantire che la soglia non venga superata. Per i nuovi mutui, dice inoltre la norma, il saggio di base su cui si calcolano gli spread è costituito dal saggio Bce. La ratio del decreto è del resto quella di venire incontro innanzitutto a chi in anni di tassi ancora bassissimi ha sottoscritto mutui a tasso variabile e si poi è trovato spiazzato dal loro improvviso rialzo. Per questo si afferma che l'importo delle rate dei mutui a tasso variabile a carico del mutuatario si calcolano con riferimento «al maggiore tra il 4% senza spread, spese varie o altro tipo di maggiorazione e il tasso contrattuale alla data di sottoscrizione del contratto» perché, se c'è un eccedenza, lo Stato interviene e si fa carico della parte eccedente tale misura.

La relazione conferma inoltre che le novità introdotte si applicano ai mutui prima casa sottoscritti da persone fisiche fino al 31 ottobre 2008 e a quelli rinegoziati entro la stessa data in applicazione della legge 126 del 2008; non, quindi, ai mutui sottoscritti in novembre o dicembre. Dopodiché, a partire dal 1° gennaio 2009, per i nuovi mutui il tasso di base su cui si calcola lo spread sarà costituito dal tasso Bce. Il mese di tempo dall'entrata in vigore del provvedimento è quello richiesto dal sistema creditizio per poter materialmente allestire dei prodotti finanziaria con una base di riferimento nuova.

Ma quanto costerà allo Stato assumersi i maggiori oneri derivanti al sistema creditizio dalle nuove disposizioni? Non molto: 250-350 milioni, al massimo, dice il Tesoro; anche se, in linea teorica, la forchetta di costo oscilla fra il miliardo e i 55 milioni di euro. Questi sono i numeri della relazione tecnica, dalla quale si evince che anche il Governo, come stanno facendo le associazioni dei consumatori, incrocia le dita affinché all'Eurotower di Francoforte si decida di ridurre al più presto almeno di un punto il tasso di riferimento per la politica monetaria europea.

Nella relazione si ricorda infatti in primo luogo che lo stock complessivo dei mutui a tasso variabile a settembre 2008 ammontava a circa 168 miliardi di euro: di questi, la quota dei mutui prima casa è pari a circa il 60% (100 miliardi circa). Attualmente osservano ancora i tecnici di via Venti settembre, lo spread contrattuale medio sui mutui a tasso variabile è pari a circa 110 punti base, nella quasi totalità dei casi applicato al tasso Euribor. Alle condizioni di mercato del 26 novembre 2008, il tasso per il calcolo della rata è in media compreso tra 4,5% e 5,1%, a seconda della scadenza del tasso Euribor (1 mese, 3 mesi o 6 mesi) considerata nel contratto di mutuo.

Se le condizioni di mercato rimanessero identiche per tutto l'anno prossimo e se si prendesse come riferimento medio il tasso Euribor a 3 mesi (3,901% al 26 novembre 2008) il costo massimo della misura sarebbe pari a circa 1 miliardo di euro. Fortunatamente, però, è prevista una significativa riduzione dei tassi di interesse nel corso del 2009. Se in capo a un paio di mesi la Bce abbassasse il suo tasso di riferimento di un punto percentuale, ne deducono gli esperti, il costo massimo della misura sarebbe pari a circa 55 milioni di euro: si avrebbe infatti un'eccedenza di costo rispetto alla soglia massima del 4%, di cui lo Stato dovrebbe farsi carico, pari soltanto allo 0,22% di 100 miliardi, per tre mesi. Ma poiché occorre considerare anche i ritardi nell'adeguamento delle rate di mutuo connessi alle condizioni contrattuali,ipotizzando un ritardo di 3 mesi il costo massimo della misura diverrebbe pari a circa 350 milioni di euro.

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